di Biagio Corleone

Se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane”. E’ un proverbio polacco che il Papa ha pronunciato la sera del 19 agosto 2000 a Tor Vergata esprimendo così i propri sentimenti davanti a milioni di giovani nel giorno del giubileo a loro dedicato.

E’ proprio vero, a stare con i giovani si

parlare o a cercare di far qualcosa che lo faccia scoprire sempre più. Certo, perché il nostro Dio è un Dio “strano”: si fa vedere un poco ma poi aspetta che noi andiamo a cercarlo o meglio trova lui tutti i modi per farci capire di e come arrivare a lui. Il “gioco” funziona se noi rispondiamo o proviamo a rispondere.

Infatti il gruppo non è una scuola di catechismo dove si imparano poche cose a memoria per avere un certificato; tutt’altro: è una scuola di vita. Fin da piccoli ci hanno abituato ad andare

in esse si rende presente in mezzo a noi proprio come 2000 anni fa, non abbiamo fatto nulla; ci sentiremo con la coscienza pulita ma saremo vuoti dentro, privi di una base, anzi, per dirla con il Vangelo, avremo costruito una casa sulla sabbia. “Infatti mettere i propri passi sulle orme di Gesù non si traduce immediatamente in cose da fare o da dire, ma innanzitutto nel fatto di amarlo, di restare con lui, di accoglierlo completamente nella propria vita.”

Don Lorenzo Milani diceva: “essere cristiani è una fortuna, non un obbligo”.Mi domando quanti di noi si considerano persone fortunate nell’essere cristiani, quanti scoprono non un Dio distante e severo ma una presenza viva al loro fianco. Quando cambieremo il nostro modo di vedere Dio ci renderemo conto che l’essere credenti non è una cosa da bigotti o da preti e che cristiano non è chi lo fa ma chi lo è! Dobbiamo lasciar cadere quel velo che abbiamo davanti agli occhi e che non ci permette di vedere più in là del nostro naso. Ecco ciò che come gruppo giovani c’impegniamo a fare o meglio a vivere: condividere un’ideale che è una persona e provare con tutti gli sforzi e le cadute a vivere come Lui ha fatto ovviamente non in una società fantastica ma nella nostra, nei piccoli ambienti in cui siamo.

Il gruppo per essere tale è aperto a tutti, anzi proprio nell’aspetto di fraternità si realizza la dimensione di Chiesa come famiglia aperta e disponibile. Abbandonando ogni pregiudizio verso quelli che ci sono vicini riusciremo a costruire qualcosa di grande, per noi e la comunità. La “prova del nove” che ci darà la conferma di aver fatto qualcosa di buono sarà una grande gioia che forse neppure riusciremo a spiegarci ma che ci distinguerà da coloro che, pur professandosi cristiani, hanno il volto e il cuore tristi vivendo di ricordi e di falsi sentimentalismi.

Sappiate tutti che il gruppo ha un cuore pulsante “un cuore vicino ma che ha i battiti lontano”.

 

 

 

impara, ma in questo caso gli insegnanti sono a loro volta i discepoli.

In poche parole è questo che ogni sabato (quasi!) fanno alcuni giovani del nostro paese nei locali della parrocchia. A parlarne così sembra la cosa più banale del mondo ma in effetti è il contrario. Ogni incontro, ogni nuova amicizia è un modo straordinario per conoscere una persona importante, anzi la Persona.

Eh sì, è proprio lui, Gesù, il motivo che ci fa incontrare e stare insieme pomeriggi quasi interi magari solo a

in chiesa, a ricevere la comunione, a confessarci, a salutare Gesù nel tabernacolo, diventati grandi inizia a sorgere una domanda: perché faccio tutto questo? Le risposte possono esserci o non esserci ma senza dubbio l’interrogativo si pone a tutti. La risposta che il gruppo vuole offrire è la più difficile: vivere Gesù. Molti diranno, ma io vivo il cristianesimo dicendo le preghiere puntualmente al mattino e alla sera, andando a Messa e magari anche mettendo l’offerta nel cestino, quindi sono a posto! Eppure c’è un abisso tra fare i cristiani ed essere cristiani. Potremmo ascoltare miriadi di Messe, ma, se non sperimentiamo Colui che

 

 

Il gruppo in cifre

 

Appartengono: tutti i giovani

Partecipano: 15

Frequentano stabilmente: 10

 

 

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